1887

OECD Multilingual Summaries

Entrepreneurship at a Glance 2017

Summary in Italian

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La pubblicazione è disponibile all’indirizzo:
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Uno sguardo sull’imprenditoria 2017

Sintesi in italiano

Nella maggior parte dei Paesi dell’OCSE in cui sono disponibili dati, il numero di nuove imprese costituite continua ad aumentare, e in molti Paesi è superiore ai livelli massimi raggiunti prima della crisi, suggerendo che il calo secolare nei tassi di natalità delle imprese potrebbe essere in corso di rallentamento.

I miglioramenti registrati negli andamenti dei fallimenti rafforzano i segnali di una ripresa nell’ambiente dell’imprenditoria. Alla fine del 2016, nella maggior parte dei Paesi il numero di fallimenti era tornato, o era inferiore, ai livelli pre‑crisi. Anche nei Paesi in cui i livelli dei fallimenti sono rimasti superiori a quelli del 2007, specie in Islanda, Italia e Spagna, le tendenze dell’inizio del 2017 registrano i primi segni di miglioramento.

I servizi sono stati un fattore importante di creazione di imprese.

In tutti i Paesi dell’OCSE, i tassi di creazione di imprese nel settore dei servizi hanno superato quelli delle imprese del settore industriale, contribuendo alla creazione di circa due terzi dei posti di lavoro nel 2014. Tuttavia, nella maggior parte delle economie, il contributo delle nuove imprese industriali alla creazione di posti di lavoro è stato inferiore al 15%. Inoltre, tra il 2008 e il 2014, l’occupazione nel settore manifatturiero è diminuita in tutti i Paesi dell’OCSE tranne due: il Lussemburgo e la Germania.

I tassi di occupazione sono altresì migliorati in molti Paesi, e nella maggior parte di essi le PMI di nuova e vecchia costituzione sono state il principale motore di crescita. Nel settore manifatturiero, la crescita dell’occupazione delle grandi imprese nella zona euro, che sono state meno colpite dalla crisi rispetto alle PMI, ha continuato a registrare risultati migliori rispetto a queste ultime. Negli Stati Uniti si è verificata la situazione opposta, con grandi imprese del settore dei servizi che hanno trainato la crescita dell’occupazione nel periodo successivo alla crisi.

Le differenze di produttività tra grandi e piccole imprese variano notevolmente tra Paesi e settori di attività. Tuttavia, generalmente, i divari di produttività sono molto meno grandi nel settore dei servizi che nel settore manifatturiero. In genere, più il divario di produttività è ampio, più quello degli stipendi sarà grande – in Germania, per esempio, le grandi aziende hanno pagato un premio salariale superiore di oltre il 50% a quello pagato dalle imprese medie e di oltre il 100% a quello pagato dalle imprese più piccole e delle micro‑imprese – di conseguenza, la crescita delle attività nel settore dei servizi potrebbe contribuire a ridurre la variabilità nella distribuzione salariale dell’economia nel suo insieme.

Un settore dei servizi più imprenditoriale potrebbe altresì contribuire a proseguire l’azione di riduzione delle diseguaglianze di genere, poiché le donne sono coinvolte in misura preponderante nelle start‑up di servizi. Negli ultimi dieci anni il divario tra i tassi di occupazione in qualità di lavoratori autonomi tra donne e uomini si è ridotto in quasi tutti i Paesi. Tuttavia, permangono divari di genere significativi: nei Paesi dell’OCSE, una donna su dieci ha un’attività indipendente, quasi la metà della percentuale di uomini con un’occupazione in proprio (17%).

I differenziali salariali nel settore manifatturiero stanno aumentando in molti Paesi.

In molti Paesi, la crescita post‑crisi della produttività del lavoro delle PMI del settore manifatturiero è rimasta indietro rispetto a quella delle grandi imprese, aumentando i divari di produttività esistenti, specie in Belgio, in Repubblica Ceca, in Germania, in Lettonia e Repubblica Slovacca. A loro volta, i divari salariali tra le imprese più grandi e le più piccole sono aumentati in tutti i Paesi dell’Europa orientale – ad eccezione della Polonia –, negli Stati Baltici, in Norvegia e nel Regno Unito, tra il 2008 e il 2014.

Gli strumenti digitali hanno aperto nuove vie e nuovi mercati ai micro‑imprenditori.

Lo sviluppo di strumenti digitali accessibili e di piattaforme ha fornito nuove opportunità alle micro‑imprese per accedere ai mercati esteri con modalità che sarebbero state prima impensabili.

I nuovi dati del “Future of Business Survey” (Indagine sul futuro dell’impresa), uno studio congiunto di Facebook‑OCSE‑Banca Mondiale sulle PMI presenti nel mondo digitale, dimostrano che anche gli imprenditori senza dipendenti ‑ i cosiddetti “just me entrepreneurs” ‑ possono intraprendere attività di esportazione come principale attività della loro impresa, traendo profitto dagli strumenti digitali nonostante la loro piccola dimensione. Due imprese esportatrici su tre hanno risposto che più della metà delle loro vendite internazionali dipende da strumenti online e quasi la metà (45%) ha dichiarato che oltre il 75% delle vendite internazionali dell’impresa dipende dagli strumenti online.

I dati più recenti dell’indagine “Future of Business Survey” confermano altresì i precedenti risultati che indicano che le imprese con un’attività commerciale internazionale hanno una maggiore fiducia nelle prospettive presenti e future, e maggiori probabilità di prospettive positive di creazione di posti di lavoro. Ciò vale anche per gli imprenditori senza dipendenti che commerciano con l’estero. Detto ciò, l’indagine mostra altresì che le grandi imprese ha generalmente un giudizio più positivo dello stato delle loro attività rispetto alle imprese di dimensioni più piccole. Ciò riflette le importanti sfide che le micro‑imprese devono affrontare nella gestione e nell’espansione della loro attività, come il rispetto delle regolamentazioni, l’ottenimento dei finanziamenti, l’attrazione e il mantenimento di personale qualificato e la ricerca di soci.

L’emergere del fenomeno dei lavoratori occasionali

La maggior parte dei Paesi esaminati ha registrato un aumento del numero dei lavoratori indipendenti con un’attività a tempo parziale. Il lavoro autonomo a tempo parziale è aumentato notevolmente nell’ultimo decennio, riflettendo in parte le nuove opportunità offerte dalla cosiddetta “gig economy”, ossia il fenomeno in ascesa dei contratti di lavoro flessibili, che accompagnano o sostituiscono i posti di lavoro a tempo pieno. Se è vero che i contratti occasionali non sono una novità (l’industria dello spettacolo, per esempio, ha sempre fatto affidamento su questi), oggi questi contratti sono proposti e richiesti sempre più spesso da un gruppo più ampio e più vario di persone e coprono una più ampia gamma di servizi.

L’emergere dei lavoratori occasionali solleva nuovi interrogativi sull’adeguatezza dei tassi o dei livelli delle attività in proprio come indicatori del peso dell’imprenditorialità, poiché il rapporto tra “gig economy” e attività imprenditoriale è tutt’altro che semplice da comprendere. I partecipanti all’economia dei lavori occasionali possono essere piccoli imprenditori, ma molti dei lavoratori occasionali offrono i loro servizi con termini contrattuali molto simili a quelli dei lavoratori dipendenti con contratti tradizionali, in particolare perché non sono esposti al rischio imprenditoriale. Al tempo stesso, la flessibilità offerta dai contratti occasionali spesso differisce dall’occupazione tradizionale dei lavoratori dipendenti e potrebbe incoraggiare gli imprenditori nascenti a sviluppare le loro idee di avvio di una nuova attività e mantenere la possibilità di sostenere i loro costi sussistenza.

Pertanto, quando si tratta di valutare il contributo dei lavoratori occasionali all’imprenditorialità si riscontrano difficoltà di misurazione, con alcuni dati che suggeriscono che la ‘gig economy’ potrebbe talvolta rallentare l’attività imprenditoriale, in particolare quando le piattaforme della gig economy fungono da sostituti di un’imprenditorialità di bassa qualità piuttosto che da complemento di un’imprenditorialità di alta qualità.

Far fronte a queste difficoltà di misurazione ed esaminare le possibilità per migliorare la disponibilità di dati in quest’area sono ulteriori contributi che si aggiungono all’’impegno assunto nella presente pubblicazione di fornire migliori dati per la misurazione del mondo imprenditoriale. Al riguardo, altri sforzi in corso includono la classificazione delle nuove imprese sulla base dell’assetto di proprietà, dello statuto commerciale e dell’integrazione nelle catene globali del valore, il miglioramento dei dati sul genere, e più generalmente, il fatto di evidenziare le “trappole” e i caveat di natura statistica nell’uso dei dati riguardanti l’imprenditoria.

© OECD

Questa sintesi non è una traduzione ufficiale dell’OCSE.

La riproduzione della presente sintesi è autorizzata sotto riserva della menzione del Copyright OCSE e del titolo della pubblicazione originale.

Le sintesi sono traduzioni di stralci di pubblicazioni dell’OCSE i cui titoli originali sono in francese o in inglese.

OECD

Il testo integrale in lingua inglese è disponibile online sul sito OECD iLibrary!

© OECD (2017), Entrepreneurship at a Glance 2017, OECD Publishing.
doi: 10.1787/entrepreneur_aag-2017-en

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